Il regista palestinese e Premio Oscar per il documentario No Other Land , Hamdan Ballal ricorda gli eventi della notte in cui è stato arrestato dalla polizia israeliana dopo essere stato "brutalmente" attaccato dai coloni nel suo villaggio di Susya, nel sud della Cisgiordania occupata. «Ho pensato che quelli fossero gli ultimi momenti della mia vita, che l'avrei persa a causa della violenza del pestaggio. La mia testa era incastrata tra il piede del colono, la porta e il muro, come se fosse un pallone da calcio», spiega Ballal.
«L'attacco che ho subito, con tale brutalità, mi ha fatto capire che era perché avevo vinto l'Oscar. La sicurezza l'ho avuta quando sono stato trattenuto nella base militare israeliana. Potevo sentire il cambio di turno tra i soldati, e ogni soldato che lavorava a un nuovo turno menzionava il mio nome insieme alla parola "Oscar" prima di continuare in ebraico. Anche se non riuscivo a capire tutto quello che dicevano, ho riconosciuto chiaramente il mio nome e la parola "Oscar". Poiché quelle parole non cambiano in ebraico», ha detto il regista palestinese.
Intanto un altro dei registi del documentario No Other Land, l'israeliano Yuval Abraham, ha denunciato su X che l'Academy, che ha assegnato loro l'Oscar, si è rifiutata di sostenere pubblicamente Hamdan Ballal mentre era "scomparso”. Quando veniva picchiato e torturato dai soldati e dai coloni israeliani. Il regista palestinese era stato assalito e rapito il 24 marzo a casa sua, non lontano dal villaggio protagonista del documentario Premio Oscar, in Cisgiordania. Ovvero Masafer Yatta, una comunità palestinese che, trovandosi in territorio occupato, viene ormai dal 2019 sottoposta a qualsiasi atto da parte dell'esercito (e dai coloni): la volontà è quella di allontanare i residenti per trasformare la zona in un poligono militare. I 4 registi del film, due israeliani e due palestinesi, dal 2019 al 2023 hanno filmato le proteste, gli attacchi e gli atti di resistenza.