https://www.pupia.tv - Roma - SOCIALE. DAI CRIMINI AL SOSTEGNO AI DISABILI: HO AVUTO SECONDA CHANCE
Roma, 4 apr. - In uno dei suoi libri, scritto con Federica Sciarelli e dal titolo 'Con il sangue agli occhi', a proposito delle persone con disabilità Antonio Mancini dice che "ogni volta che ne abbraccio una mi sembra che una delle gocce di sangue che ho versato torni indietro, e questo mi dà un po' di sollievo". Antonio Mancini, 77 anni, ha vissuto una vita al limite, difficile, piena di contraddizioni. Ma con consapevolezza e coscienza delle proprie azioni ("con la galera ci facevo i conti"). Ha fatto parte della Banda della Magliana, ne è stato uno dei membri più importanti, commettendo reati gravi e pagandone le conseguenze. Finché nella sua vita sono entrati una figlia e l'amore di un padre più forte di prima. Sul volto i segni degli anni che passano, accentuati proprio da quel vissuto a mille all'ora e dalle contraddizioni in una persona dal passato terribile e dal presente fatto di attenzioni e pensieri per il prossimo. Mancini ha sulle spalle una storia con il carcere iniziata da giovanissimo, immediatamente dopo il trasferimento con la famiglia dalla provincia pescarese al quartiere romano di San Basilio, e durata quasi tutta la vita. Con la Banda della Magliana ha commesso rapine e omicidi per anni, finché dopo una scarcerazione si rese conto che era arrivato il momento di cambiare tutto della sua vita. "Dopo aver fatto il carcere vero per 11 anni- racconta all'agenzia Dire- il 41 bis, quando sono uscito mi sono reso conto che fuori non era cambiato nulla". E lì si è reso conto che non poteva andare avanti così, anche perché stava per diventare di nuovo papà: "Ho già una figlia con un'altra donna- ha spiegato- poi con la mia compagna di allora era incinta e mi sono detto 'che faccio, vado ancora a vedere mia figlia nei carceri speciali?'. Nella malavita c'è quello che appena l'arrestano dice che sta male, poi c'è chi fa il deperimento organico. Io con la galera ci facevo i conti, quando ti tocca ti tocca. Così, ho deciso di collaborare". Sotto falso nome per una ventina d'anni, Mancini è stato così spostato di città in città finché non è arrivato a Jesi e qui la sua vita è cambiata. Qui, infatti, ha potuto reinserirsi nel mondo del lavoro come assistente del pullmino riservato alle persone con disabilità. Nel raccontarlo sul volto di Mancini si accende una luce, l'espressione cambia, consapevole di essere oggi un'altra persona. Dopo aver collaborato con la giustizia per tanti anni, infatti, si è ritrovato improvvisamente solo, con il suo vero nome tornato a galla e con il futuro pieno di punti interrogativi: "Quando tutto finisce devi decidere, o torni a rubare o ti impicchi. Qui a Jesi è stata la mia fortuna l'incontro con un giovane ispettore, che aveva un modo di osservare per capire se il cambiamento era vero. Ero disperato, non sapevo che fare, ma lui mi ha capito. Mi ha chiesto cosa volessi fare e io ho detto che avrei voluto port