«Credevo di non uscirne viva. Sono sopravvissuta a un femminicidio». Le parole di Gaia, 25 anni, sono un grido di forza e dolore, un racconto che non lascia indifferenti. Dopo un’aggressione brutale subito a Pozzuoli (Napoli) da parte dell’ex fidanzato, il padre di suo figlio, oggi Gaia è viva e desidera raccontare la sua storia, un messaggio di coraggio per tutte le donne che combattono contro la violenza. La giovane ha il naso rotto e teme ancora per la sua vita e per quella del bimbo che ha messo al mondo. Si era separata dal compagno lo scorso gennaio proprio a causa delle violenze ripetute. Un addio che ha scatenato una furia cieca.
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Violenza sulle donne: Gaia racconta l’aggressione dell’ex
La violenza che Gaia ha subito è arrivata senza preavviso, un’ombra che si è abbattuta su di lei in un attimo. «È arrivato all’improvviso. Io stavo in macchina, ha aperto lo sportello e mi ha scaraventata fuori, lui e altri due amici», ha raccontato Gaia al deputato di alleanza Verdi-Sinistra Francesco Emilio Borrelli, con una calma che solo chi ha affrontato la morte può avere. L’aggressione è stata rapida e feroce. «Ha iniziato a colpirmi con schiaffi, pugni, cazzotti, mi tirava i capelli e ha tentato di buttarmi giù dal belvedere». In mezzo a tutto questo, la giovane donna non si è arresa. Ha lottato, ha cercato di difendersi, di sopravvivere a quella furia cieca.
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Come Gaia è riuscita a chiamare aiuto
Anche nel cuore della violenza, Gaia ha mantenuto una lucidità straordinaria. «Ho fatto resistenza e mi sono opposta», afferma, con grande coraggio. La sua salvezza è arrivata grazie a un gesto fortuito: «Ho avuto il miracolo, ho trovato il suo telefonino sbloccato e ho chiamato mio padre di nascosto, mentre mi picchiava». La chiamata è stata il suo grido d’aiuto, ma non è stato facile: «Lui si è accorto che stavo a telefono con papà e chiedevo aiuto. Quindi mi hanno lasciato a terra e sono scappati». Gaia, pur essendo ferita e spaventata, ha trovato il coraggio di chiedere aiuto: «Ho chiesto aiuto alle persone in strada. Si sono fermate delle ragazze che mi hanno soccorso. Altri non mi hanno aiutato, non si sono fermati», racconta senza rancore, ma con una consapevolezza che fa riflettere.
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Il soccorso delle forze dell’ordine
Quando sembrava che l’incubo non dovesse finire, la fortuna ha messo sulla sua strada le forze dell’ordine. Gaia e le ragazze che l’avevano soccorsa hanno lampeggiato con i fari dell’auto per attirare l’attenzione dei carabinieri. Così, finalmente, è arrivato il soccorso. «Lì ho aspettato mio padre, che mi ha portato in ospedale. I medici mi hanno dato 30 giorni di prognosi». Ma la giovane sa che il dolore più grande non sarà fisico. Le cicatrici, quelle che nessuna medicina può curare, le porterà per sempre nell’anima. Nonostante tutto, Gaia ha trovato la forza di parlare, di fare appello alla giustizia e alla responsabilità.
L’appello di Gaia per la giustizia e la solidarietà
Ora, le indagini sono in corso. I carabinieri stanno cercando di identificare gli amici dell’aggressore, ma Gaia non si ferma. La sua lotta è anche quella per la giustizia, per un cambiamento che non riguarda solo lei, ma tutte le donne che vivono nel silenzio della paura. Il suo appello è rivolto a chiunque abbia visto qualcosa, a chiunque abbia avuto la possibilità di fermarsi. «Costituitevi», ripete, un invito chiaro a non voltarsi dall’altra parte. E poi, con una forza straordinaria, conclude: «Abbiate coraggio». La sua storia è un faro di speranza, un segno che, anche nei momenti più bui, la luce della giustizia può fare breccia.