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Venezia 2025: Gianfranco Rosi e la sua Napoli fuoricampo in concorso al festival

2025-08-30 151 Dailymotion

SECONDO ITALIANO IN CONCORSO alla Mostra del cinema di Venezia 2025. Sotto le nuvole di Gianfranco Rosi (nei cinema il 18 settembre), documentarista già Leone d'Oro nel 2013 con Sacro Gra, parte da Jean Cocteau e arriva a Bernardo Bertolucci. Il primo segna l'inizio del film con la sua frase: "Il Vesuvio produce tutte le nuvole del mondo". Sotto quelle nuvole, tra Pompei e i Campi Flegrei, Rosi ha vissuto 3 anni: incontrando persone e luoghi, napoletani e di passaggio dalla città (archeologi giapponesi, marinai di navi cariche di grano in arrivo da Odessa), girando e montando quello che adesso vediamo sullo schermo. Bertolucci, lo cita lo stesso regista, ricordando che fu proprio lui, allora presidente di giuria, a premiarlo. «Mi disse: "Ogni inquadratura contiene anche quello che non si vede”». Detto e fatto. Rosi torna a Venezia con un film in bianco e nero in cui i colori che "sono” Napoli non si vedono...
Il film racconta in grigio una città diversa. Sotterranea, dei Campi Flegrei, della circumvesuviana. Di voci che sentiamo chiamare i vigili del fuoco per chiedere conferma di scosse di terremoto e per chiedere l'ora (ogni giorno). Una Napoli popolata di vite sconosciute, affascinanti, molto spesso legate al passato. Il maestro di strada che dedica il suo tempo al doposcuola per bambini. I vigili del fuoco che raccolgono le chiamate delle persone e le aiutano a vincere piccole e grandi paure. Le forze dell'ordine e il procuratore di Torre Annunziata che inseguono i tombaroli. Gli archeologi giapponesi che lavorano a Villa Augustea da 20 anni («L'ho scoperto a Tokyo»).
Dice Rosi: «Per me era importante all'inizio trovare un territorio che non fosse stato così filmato. L'altra Napoli, che è quella dei paesi vesuviani, quella oltre il Vesuvio. Napoli è una città complessissima, dove la parola stratificazione non è solo geologica e architettonica. È tempo sospeso, il passato e il presente quotidianamente conviventi. E quindi è una zona di passaggio universale, il sottile confine tra quello che è, quindi il presente, quello che è stato e quello che potrebbe essere».
Con il suo stile documentaristico Rosi, scova una Napoli nascosta, sconosciuta, quasi spopolata, lontana dalla città fatta di colori, confusione e sommersa dall'overtourism. «Il turismo è una forma un po' di colonizzazione, che sradica e cambia completamente il tessuto culturale della città. Per alcuni aspetti sono anche postivi, perché dei quartieri che prima erano inavvicinabili in questo momento sono quartieri che uno riesce a vivere. Si dice anche che è giusto che tutti possano viaggiare, ma forse è anche un turismo con pochi legami con il territorio, no?».